FREE COUNTRY

[FREIES LAND]

di Christian Alvart

Q&A il 26 giugno

21:15
Arena Estiva
11:00
Sala Deluxe
  • Genere: Thriller
  • Regia: Christian Alvart
  • Sceneggiatura: Christian Alvart, Sigfried Kamml
  • Fotografia: Christian Alvart
  • Montaggio: Marc Hofmeister
  • Produttore: Sigfried Kamml, Christian Alvart
  • Produzione: Syrreal Entertainment GmbH
  • Attori principali: Felix Kramer, Trystan Pütter, Nora Waldstätten
  • Anno di produzione: 2019
  • Durata: 128 min.
  • Versione originale: Tedesco
  • Sottotitolato in: Italiano
  • Sostenuto da: German Federal Film Fund
  • Festival: Arras 2019, Cleveland 2020

Vendite internazionali:

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Inverno 1992, in qualche angolo sperduto della Germania nord-orientale: due investigatori - uno dell'Ovest, uno dell'Est - chiamati a indagare sulla scomparsa di due ragazze, finiscono per impantanarsi sempre più nella palude di questo Paese un tempo diviso; un thriller carico di consapevolezza storica.

foto della gallery © Syrreal Entertainment

Di quei paesaggi in fiore promessi da Helmut Kohl si scorge ancora poco nell’inverno del 1992, in quella desolata landa della Germania nord-orientale in cui sono stati inviati gli investigatori Bach e Stein, per indagare sulla scomparsa di due ragazze. Si dice che siano semplicemente fuggite in Occidente, ma questa versione non risulta particolarmente credibile. Col ritrovamento di due cadaveri brutalmente massacrati si scoprirà, che quelle non erano le prime due giovani a scomparire dal villaggio senza lasciare traccia. Gli investigatori, molto diversi tra loro, si addentrano sempre più a fondo nella rete di menzogne della gente del posto. Bach, che aveva già fatto parte dell’apparato esecutivo nella DDR, ha un difficile passato che riaffiora gradualmente; Stein, invece, emotivamente più instabile del suo sagace compagno, approda da una grande città come Amburgo, da qui tanto estranea e lontana, in un paesino governato dalle proprie leggi. Il regista Christian Alvart riesce a fare un cinema di genere, stimolante e appassionante, intriso di consapevolezza storica.

© Syrreal Entertainment Christian Alvart

Christian Alvart

Christian Alvart è nato a Seeheim-Jugenheim in Assia nel 1979. Durante la sua infanzia e adolescenza ha girato in super-8 e video, e insieme a un gruppo di appassionati del cinema ha fondato la rivista cinematografica X-TRO, divenendone il caporedattore all'età di 19 anni. Nel 1999 ha debuttato come regista con il thriller Curiosity & the Cat, per il quale ha anche scritto la sceneggiatura, seguito nel 2005 dal suo secondo thriller Antikörper.  Case 39, la prima produzione hollywoodiana di Alvart interpretata da Renée Zellweger, è uscita nei cinema statunitensi nel 2009 e nelle sale tedesche l'11 marzo 2010 con il titolo Fall 39. Nello stesso anno viene distribuito anche il suo thriller di fantascienza Pandorum.

Oltre al suo lavoro per il cinema, Alvart ha anche girato per la televisione numerosi film della serie Tatort (2013-2018) e ha diretto la serie Netflix Dogs of Berlin (2018), il thriller Freies Land, un fantastico remake di Alberto Rodríguez La Isla Mínima - Mörderland (2019) e Sløborn (2020) su una pandemia da virus.

Christian Alvart è anche produttore, sceneggiatore e cameraman nonché uno degli amministratori delegati della Syrreal Entertainment, che promuove il giovane cinema di genere tedesco.

RECENSIONI

"Raramente si è vista nel cinema tedesco una tale tavolozza di colori, allo stesso tempo sontuosa e spenta, fredda come l'inverno eppure pulsante di forti contrasti. In un’epoca fatta di quantità infinite di dati, si fa strada un'immagine artificialmente accentuata, dell'era caratterizzata dalla chimica della luce.

Ma questo è solo l'aspetto tecnico di un trasferimento ancora più emozionante che Christian Alvart ha fatto con Free Country, (...) remake di un lungometraggio originale spagnolo: La isla minima di Alberto Rodriguez, girato nelle terre alluvionate ai piedi del Guadalquivir nel sud-ovest della penisola iberica. Altrettanto importante quanto l'impressionante location è anche in questo caso il periodo: il tempo di transizione dalla dittatura di Franco alla democrazia, un tempo d’incertezza tra vecchie e nuove lealtà, un tempo di repressione e paura di esporsi. (...) Christian Alvart riprende con attenzione il modello de La isla minima, cercando di trovare anche un equivalente per tutti gli aspetti sociali, senza poi dover cercare a lungo (accordi fiduciari, emigrazione).”
(Bert Rebhandl, Frankfurter Allgemeine Zeitung, 12.1.2020)

 

“Ma Alvart osserva con più attenzione, addentrandosi a fondo nei suoi personaggi. La malattia, per esempio, che si è annidata in Markus Bach, occupa uno spazio maggiore. La sua sofferenza fisica diventa espressione della devastazione mentale di quest'uomo, profondamente coinvolto nei crimini del sistema della DDR. Il passato è una specie di cancro che continua a crescere senza che nessuno possa fermarlo. A sentirsi così non è solo Bach. Anche il poliziotto di Amburgo Patrick Stein, che con la sua fede incondizionata nella legge si è messo contro i suoi superiori, è attanagliato dai dubbi. A lungo andare, ciò che è successo non può essere né rimosso né cancellato. Persino gli idealisti più convinti diventano nella migliore delle ipotesi pragmatici, nella peggiore dei collaboratori. Così è la vita. Lo sguardo di Christian Alvart sulla storia tedesco-tedesca è profondamente fatalista. Ma racchiude anche qualcosa di liberatorio. Andando ad aprire ancora una volta vecchie ferite, spera che possano finalmente guarire completamente.”
(Sascha Westphal, epd Film, 23.12.2019)

 

Patrick Wellinski intervista Christian Alvart, Deutschlandfunk Kultur, 4.1.2020

Wellinski: La questione è anche quanto autentico o storicamente accurato debba essere. La strada che lei percorre per arrivare alla verità è una strada di finzione, di menzogna, sia ben chiaro: di genere.

Alvart: Esattamente, non per me, che poi non sono neanche un vero regista. Va e viene, come un moto ondoso, a seconda di quanto lo si desidera. Al momento è molto richiesto. In ogni seconda intervista mi si chiede quanto ci sia di autentico. Ma per me sono i sentimenti, i personaggi e le verità che nascondono a dover essere autentici. Per me, non tutti (...) i dettagli devono essere corretti per raggiungere l'autenticità di ciò che vogliamo raccontare. Ci sono trame che ne hanno bisogno. Non è che non ne abbiate affatto bisogno. Il modo in cui mi approccio al materiale è in realtà molto spesso fatto di esagerazione e condensazione.

Frederik Lang